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Se non vedi via d'uscita

La storia di come sono finalmente uscito dalla sofferenza come un bimbo che cresce e grazie a una scuola molto speciale

Conosco veramente poche persone che si definiscono felici o quanto meno soddisfatte della propria vita. Al massimo ci si accontenta di stare “abbastanza bene”, con questo intendendo che non si hanno grossi problemi né di salute, né economici, né sentimentali - le tre grandi aree di cui crediamo sia fatta tutta la nostra vita ( quelle su cui chiediamo divinazione alle cartomanti).

Soffrire, almeno un po’, sembra la norma. Se confidiamo le nostre sofferenze a qualcuno, spesso riceviamo in cambio pacche sulle spalle e grandi sospiri come a dire: eh, purtroppo non ci si può far niente.

E dunque stai soffrendo e non vedi via d’uscita…

Cara sorella, caro fratello, so ciò che stai passando. Ci sono passato anch’io.

Ma tu credi che sia una frase fatta e non vuoi sentire di qualcun altro che soffre o ha sofferto quanto te, men che meno vuoi sentire paragoni con qualcuno che soffre ancor di più.

Non stai affrontando una guerra o una grave malattia. In questa vita ti è stata risparmiata l’esperienza di non avere nemmeno i più elementari mezzi di sussistenza o di vederti negati i tuoi diritti più basilari. Ma essere consapevole che dopotutto sei fortunato non ti fa star meglio, anzi! A volte pensi che sarebbe mille volte meglio essere in guerra, almeno la tua sofferenza avrebbe un senso.

Perché la più grande tortura che vivi è che in fondo in fondo non sai nemmeno tu perché stai soffrendo così tanto.

Soffri e sei convinto che nessuno possa capirti. Ti senti infinitamente solo. E hai ragione.

Ma anche se le nostre storie si differenziano, il modo in cui soffriamo e le profondità che possiamo raggiungere attraverso il nostro dolore si assomigliano. Perciò ti dico che comprendo e conosco quel luogo buio che stai attraversando e dal quale sembra essere fuggita ogni speranza. Ci sono stato anch’io. Mi sembra di esserci nato, addirittura, perché mi sentivo triste e disperato sin da piccolo. Mi sentivo solo e abbandonato e avvertivo tutto ciò che succedeva nel mondo come una crudeltà nei miei confronti. L’ingiustizia verso i più deboli, lo sfruttamento irrispettoso del nostro pianeta, l’arroganza dei più stupidi, l’eterna lotta tra uomini e donne, tra ricchi e poveri, tra umani e animali, tra progresso e natura. E perfino nella bellezza di un luogo incontaminato soffrivo perché me ne sentivo tagliato fuori, appartenente a una specie “sbagliata”, distruttiva e superflua.

Ora, tu conosci la tua storia così come io conosco la mia, e vorresti dirmi che sai benissimo perché stai male. E’ stata colpa della tua famiglia, o di qualche insegnante, di qualcosa che ti è accaduto quando eri piccolo, oppure il mondo ti ha tradito da adulto. O forse senti che è stata proprio la Natura o “Dio”, a colpirti.

Anch’io la pensavo così. La mia era quella che si definirebbe oggi una “famiglia disfunzionale” che mi ha causato molti traumi. In più, non andavo per niente d’accordo con il mio corpo fisico.

Ma un giorno - dopo molti anni, in realtà - mi sono proprio stancato di soffrire.

Ecco cosa succede.

Per molto tempo stiamo nel nostro dolore e niente riesce a portarci via da lì. E anche se a parole diciamo di voler star bene, di fatto ci comportiamo rifiutando ogni aiuto: non ci fidiamo più. E’ diventato più sicuro e quasi confortevole stare nella sofferenza: stiamo male, siamo malati per il mondo, e questo ci toglie ogni responsabilità. Ci toglie tutto, in effetti. Ma ci toglie soprattutto quel fardello che per noi è diventato troppo pesante da portare: sostenere noi stessi. Non possiamo farlo, infatti, perché non vediamo alcun senso per cui dovremmo. Abbiamo perso fiducia e speranza nella vita.

Be’, ho le solite due notizie per te: la buona e la cattiva.

La buona notizia è che, dopo essere stati a lungo in questo stato, arriva naturalmente un momento in cui ci stanchiamo davvero di stare male e una piccola fessura di luce si apre nella nostra prospettiva buia.

La cattiva notizia è che se ti sei immedesimato troppo nella tua storia personale, nel tuo ruolo di vittima, non vorrai mai davvero uscire dal copione che stai recitando, perché altrimenti… chi sei? Se non sei più quello che soffre tanto, che ha bisogno d’aiuto, che non è in grado di sostenere la vita così com’è, allora chi sei? Potresti non sentirti pronto per un nuovo ruolo, completamente diverso. Perché questo significa lasciar morire il vecchio te e affrontare una fase di passaggio in cui non sei proprio nessuno. E questo è molto disorientante.

E’ una grande trappola, quella dell’identificazione: quando soffriamo ci sentiamo profondamente autentici, veri, aderenti al nostro io profondo. Non abbiamo dubbi che ci sia tanta ingiustizia e sofferenza nel mondo - chi ne ha? - e questo ci fa sentire più vicini alla verità. La bellezza e l’armonia fanno parte delle favole e solo gli ingenui o i pazzi ci credono. Lo riconosci? Riconosci che ti sentiresti un po’ idiota a pensare al mondo in termini di bellezza e di armonia? Andiamo, lo sappiamo tutti che le cose non vanno affatto così, basta leggere un giornale per venire travolti da tutta la miseria della Terra.

Quindi, in altre parole, la cattiva notizia è che lasciare la tua identità di persona che soffre è estremamente difficile, perché proprio questa identità ti fa sentire una persona migliore: più intelligente, saggia, e più autenticamente attenta ai veri valori della vita.

Potresti inoltre aver notevolmente esaurito le tue risorse d’energia, in questo tuo lungo viaggio nel deserto della depressione. Potresti davvero non avere più le forze nemmeno per iniziare solo ad orientarti verso l’uscita dal tunnel.

Ma te lo ripeto, sono tutte trappole!

Dimmi, sei davvero stanco di star male? Sinceramente?

Allora dirigiti verso l’uscita. Non c’è niente di più semplice, te lo garantisco.

Dirigerti verso l’uscita significa cominciare a prenderti qualche responsabilità. Cominciare quantomeno a sospettare che forse dipende da te. Allora metti il naso fuori, dapprima timidamente, concediti di osservare davvero ciò che c’è, spoglio di ogni giudizio: c’è quel che c’è. Comincia ad accettarlo così com’è. Non importa che sia giusto o sbagliato.

Questo è un momento delicato, perciò attento a non prenderti in giro da solo, a non autoboicottarti: dici di voler uscire e invece continui ad andare nella direzione opposta. Desideri la luce del sole ma te ne stai nell’ombra delle tue quattro mura. Esatto, ancora una volta dipende da te. Basta un primo, piccolissimo movimento, praticabile anche da chi ha perduto ogni forza: comincia col volgere lo sguardo verso la porta. Questo semplice gesto dà forza alla tua intenzione. E poi continua così: il mondo ti verrà in aiuto in una concatenazione perfetta.

Avrai delle ricadute, sì, ci saranno: dopotutto sei molto più abituato a star male che a star bene, tenderai a tornare allo stato che più conosci, che sai che non ti riserva sorprese. Tutto ciò che esiste in questa dimensione tende a tornare allo stato iniziale, quello che ha conosciuto più a lungo. Ma se sei davvero determinato a star bene, continua a volgere lo sguardo verso l’uscita, vai avanti nonostante l’inerzia. Vedrai che le cadute saranno sempre meno e il tempo che impiegherai a rialzarti sempre più breve.

Ma tu vuoi le prove di ciò che ti sto dicendo… Non posso dartele, nessuno può, proprio perché nessuno può vivere la nostra storia al posto nostro. Dobbiamo esplorarla, scoprirla e scriverla da soli. Che fregatura, eh? E quindi non vuoi provarci, perché temi di perdere…

No, aspetta, rifletti, cos’hai da perdere, quando hai già perduto tutto?

Non posso darti prove ma posso raccontarti la mia storia riprendendo da dove l’avevo lasciata, da quel bambino che si sentiva solo e disperato in un mondo spietato, da quell’adolescente e poi adulto che non vedeva futuro, che non trovava conforto né vedeva speranza.

A un certo punto mi sono aggrappato anch’io a quello stare “abbastanza bene” di cui tutti sembravano accontentarsi. Un’indipendenza economica, una relazione affettiva tra alti e bassi, cioè nella norma, un fisico che non mi dava più problemi dopo avermene dati per tutta la mia infanzia e prima giovinezza. Tutto questo l’avevo raggiunto e mi sentivo molto fortunato.

Ma la radice del mio malessere era sempre lì. Quella sensazione di profonda solitudine e di separazione, il sentire di essere stato abbandonato - non sapevo nemmeno da chi - sono riemersi, col tempo, rispecchiati da un mondo ingiusto che nel frattempo non era migliorato affatto.

Sono arrivato a stare così male che mi sono spaventato. Perché era un malessere illogico, che sembrava non avere nessuna causa, che arrivava all’improvviso e mi lasciava disorientato e dolorante senza che fosse successo veramente nulla all’esterno. Tutto accadeva dentro di me.

E così ho ritirato fuori le mie domande di bambino, che poi sono le Domande, quelle su cui l’umanità si arrovella da sempre. Chi sono? Come sono arrivato qui? E perché? Qual è il senso della mia vita? Qual è il mio posto nel mondo?

Questa volta però ero fermamente intenzionato a trovare risposte. In tutti i modi.

Avevo già perso speranza nella scienza e nella medicina ufficiali: troppo miopi, troppo corrotte, solo falsamente oggettive. E comunque non rispondevano alle mie domande.

Ho cercato allora aiuto nelle discipline “alternative”. In quelle più alternative possibile. Dove la logica a cui potevo arrivare aveva fallito, forse poteva funzionare qualcosa che mi appariva del tutto balzano. Sapevo di non conoscere e cercavo tutto ciò che andava oltre la conoscenza ufficiale.

Ho provato molte cose: ho letto i messaggi di grandi entità canalizzate (col beneficio di ogni dubbio, ma intanto leggevo e mi facevo le mie idee), mi sono fatto trattare secondo le ultime trovate nel campo delle guarigioni quantiche e anche secondo metodi rivoluzionari del passato incompresi o snobbati dalla modernità. Mi sono sottoposto a lunghi addestramenti di “programmazione mentale”.

Stavo decisamente meglio ma ancora non bastava: non sarei mai “guarito” senza le risposte alle mie domande. E siccome nulla accade per caso…

Siccome nulla accade per caso, un amico che mi stava aiutando con la dermoriflessologia (grazie ancora, Diego Mattarocci) mi parlò della scuola di risveglio energetico Eish Shaok.

Avevo conosciuto, in qualche caso mio malgrado, diverse scuole religiose/spirituali da cui sono sempre fuggito piuttosto nauseato. Non avevano risposte per me, mi si diceva solamente: siediti e recita il mantra, prega, dimenticati di te stesso, tutti i tuoi problemi sono superflui di fronte al divino. Ma questo non mi aiutava affatto. Per di più, i monaci alla guida di queste scuole mi sembravano più sofferenti e disperati di me. C’era inoltre l’adorazione del guru di turno, un culto della personalità che mi stava particolarmente stretto: ne avevo abbastanza di esseri sovrumani di fronte ai quali sentirsi miseri e imperfetti.

L’Eish Shaok mi è stato presentato come un percorso spirituale di pratiche energetiche dove tu in prima persona puoi scoprire la tua vera natura. Nessuna dottrina, nessun dogma, solo scoperta personale. E’ bastato infine sentire le parole magiche “viaggio astrale” per convincermi definitivamente: questa scuola faceva al caso mio.

Era il 2014. I primi esercizi mi hanno letteralmente euforizzato: percepivo la mia energia interna e cominciavo a vedere oltre l’illusione materica. Stavo avendo finalmente le prove di ciò che sapevo intimamente da sempre: non siamo esseri solo fisici e la vita non è limitata alla realtà che percepiamo coi sensi. Ma ero ancora molto arrabbiato e convinto di essere in debito col mondo, proprio come un bambino che sa per natura di dover essere accudito dagli adulti per sopravvivere.

L’Eish Shaok mi ha dato infinitamente di più del semplice affinamento delle percezioni. Mi ha fatto crescere. Inesorabilmente, anno dopo anno, e impietosamente, anche, mi ha messo di fronte alle mie ferite interiori, alle ombre che mi portavo appresso disprezzandole e disconoscendole. Prima per mano e poi spingendomi sempre più a trovare la forza dentro di me, senza sostegno. Ho vacillato - come tutti quando stiamo imparando a reggerci da soli - ma la mia determinazione a star bene, nata dalla mia stanchezza di star male, mi ha guidato.

L’Eish Shaok mi ha fatto comprendere che il mio entusiasmarmi di fronte all’idea di un viaggio astrale nascondeva in realtà solo un desiderio di fuga, e che nessun albero svetta verso il cielo se non sviluppa radici profonde - il suo simbolo è infatti proprio un albero.

Ecco ciò che ho apprezzato di più di questo percorso: la sua completezza, il suo equilibrio, il suo considerare tutte le parti restituendo dignità a tutto ciò che ci compone.

Seguo ancora questo sentiero. E’ così vasto che ci sono molte cose che ancora non capisco, ma mi basta guardarmi indietro e vedere quanto sono cresciuto per farmi continuare con impegno rinnovato.

Soprattutto… finalmente sto bene, così bene come non sono mai stato in tutta la mia vita. Sono immerso in una dolcezza e in una gratitudine così vaste che a volte mi sento sopraffatto e mi sembra di potermi sciogliere in tutto questo. Non ho più nessuna richiesta eppure sono pieno di progetti, di voglia di fare e di entusiasmo. Potrebbe finire tutto oggi e andrebbe benissimo così, oppure durare ancora per sempre… non ha più importanza. Sono entrato in uno stato, in una dimensione di gioia che ho scoperto esistere nonostante tutto, e che tutti possiamo raggiungere.

Ti ricordo che sono stato io a essermi messo in cammino in prima persona, io che nonostante… o, meglio, proprio grazie alla mia disperazione, sono partito alla ricerca. Che cosa ho fatto, in pratica? Ho diretto tutto il mio essere verso l’uscita, non accontentandomi dei vaghi cartelli che incontravo. Ho smesso innanzitutto di ascoltare il disco rotto dei miei pensieri. Sembravano sensati, fatti apposta per evitarmi guai, ma di fatto mi hanno sempre impedito di muovermi veramente.

Non tutti i praticanti dell’Eish Shaok provano queste cose, ma quelli che non si fanno scoraggiare dalle prime difficoltà - dalla visione inaspettata dei propri demoni interiori, per esempio - e che rimangono abbastanza a lungo in questa via possono testimoniare di essere tutti profondamente cambiati e cresciuti. A ulteriore dimostrazione dell’efficacia di questo percorso, ti invito a parlare con un “grado alto” della scuola e farti sorprendere dalla saggezza e dalla serenità che sprigiona nonostante la giovane età. Per non parlare del Maestro che attualmente presiede la Scuola. Come ho già detto, non amo il culto delle personalità, perciò proprio non ne parlerò. Dirò solo che è stato il primo adulto di cui sono riuscito a fidarmi totalmente, in tutta la mia vita.

Questa non è una ricetta universale, è solo un esempio che spero ti serva di ispirazione e che ti dia forza, caro fratello, cara sorella.

L’Eish Shaok è diventata la mia strada maestra ma sono convinto ne esitano altre e che le troveremo o loro troveranno noi, se sono quelle che dobbiamo percorrere.

Sento che siamo come fiumi, seguiamo una direzione precisa. Nel frattempo può succedere di tutto al nostro scorrere: dighe, frane, inquinamenti, cascate… ma alla fine, ogni volta, la nostra acqua si riunisce al mare.

Per conoscere l’Eish Shaok: www.eishshaok.com - pagina Facebook: Eish Shaok - The Supreme Synergy Path

(pubblicato originariamente su: www.naturagiusta.it)


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