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Il teatro-counseling nella pratica spirituale

Quando cominci un lavoro su di te, lo fai perché stai male e ti sei reso conto che devi andare alla radice di questa sofferenza. Ma nella prima fase del risveglio in realtà stai ancora peggio, e questo perché stai liberando i canali energetici che hanno tenuto intrappolate per anni le sensazioni dolorose. Succede in maniera istintiva: sin da bambini ci chiudiamo, letteralmente e fisicamente, per non sentire il dolore, così i traumi restano intrappolati sotto il plesso solare che si chiude e agisce come un tappo. Poi un giorno, stanco di soffrire, cominci un percorso spirituale, magari un lavoro con la respirazione… e improvvisamente tornano a galla vecchi demoni che non sapevi nemmeno di avere.

Un percorso spirituale serio insegna ad accogliere queste parti ombra, a non giudicarle, a ringraziarle e lasciarle andare, perché se le scacci le rimandi indietro potenziate.

E’ a questo punto che il teatrocounseling si rivela un ottimo alleato per aiutarci a comprendere, accettare e lasciare andare le nostre parti ombra e dare un ascolto concreto al nostro bambino interiore.

La spiritualità da sola non insegna come si fa in pratica ad accettare e lasciare andare, ti dice di viverlo. Il teatro-counseling ti insegna a viverlo, in forma protetta, attraverso la messa in scena dei tuoi vissuti reali. E’ in questo spazio di semi-realtà che ti è permesso “prendere le misure” e dare forma al tuo universo interiore, alle emozioni che si agitano dentro di te e che non ti permetti di far uscire nella vita reale perché temi di far male o farti del male. Il percorso è graduale ed è potenziato dal gruppo che ti fa da specchio e sostegno, per dirti che non sei solo in questo cammino. E’ una strada comune.

Al tempo stesso, è un lavoro quotidiano e solitario che richiede impegno e coraggio, e spesso ci si sente stanchi e delusi, perché non se ne vede la fine.

Certo, sono più attraenti i percorsi che ci dicono che non c’è più bisogno di soffrire per evolverci, che possiamo essere felici e illuminati qui e ora solo volendolo intensamente. Ma questo sarebbe un miracolo, e non si fanno miracoli se non si è già molto evoluti. Quindi la promessa di questi percorsi è vera solo come assioma generale: certo che non abbiamo bisogno di soffrire, ma chi ti dice che liberarti dalla prospettiva di sofferenza sia facile sta solo cercando di venderti qualcosa.

Tutti ormai accettiamo il fatto che quando il corpo è molto intossicato e si ammala, il processo di disintossicazione è lungo e richiede il nostro impegno per guarirlo. E’ proprio questa nostra attenzione che ci permette di evolvere, che rende il processo illuminante, per cui la malattia diventa un messaggio preziosissimo e alla fine le siamo grati per ciò che ci ha mostrato.

Le cose non sono diverse quando si tratta di sofferenza psicologica-spirituale. Quando accettiamo di compiere questo percorso con gratitudine per ciò che ci sta insegnando, è allora che siamo sulla buona strada per uscire dall'illusione e da una prospettiva di sofferenza.

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